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martedì 15 gennaio 2013

I Cittadini e le Amministrazioni: solo doveri?

La recente vicenda delle "cartelle pazze" spedite ai manduriani dalla ditta Censum ci ha indotto ad una riflessione che, come spesso accade, dall'evento specifico riconduce ad un ragionamento sul piano generale. Le apparenti motivazioni degli errati calcoli effettuati sarebbero infatti da ricondurre, secondo le prime notizie, ad obsoleti dati catastali in mano all'azienda, ma ciò, sempre venga confermato, ci porta alla prima domanda: come mai tutte le rettifiche sono "casualmente" a favore dell'Amministrazione (e quindi del concessionario)?
Possibile che nessun contribuente abbia versato erroneamente dei tributi in eccesso? Qualcuno ci potrà rispondere che compito del concessionario è determinare ed adoperarsi per riscuotere i crediti dell'Ente e non i suoi debiti ed ha sicuramente anche ragione stando al contratto di concessione sottoscritto, ma, e da qui parte la riflessione a livello generale, così non dovrebbe essere. In uno stato di diritto quale l'Italia ambisce ad essere lo Stato ed il Cittadino non dovrebbero essere avversari, ma due entità profondamente legate da rapporti sì determinati in relazione alle leggi, ma anche in base alla fiducia che l'uno necessariamente dovrebbe riporre nella buona fede dell'altro. Come è ormai sotto gli occhi di tutti la fiducia degli italiani nelle amministrazioni pubbliche di ogni livello è prossima allo zero, ma ciò che ci siamo chiesti è: da cosa dipende?
La corruzione dilagante? Sicuramente.
La pervicacia con la quale i nostri "rappresentanti" difendono i loro privilegi? Anche.
Una componente di questa sfiducia a nostro avviso pone però le proprie radici proprio nel modo in cui le Amministrazioni si rapportano ai cittadini. Se infatti lo Stato e tutti gli enti ad esso sottoposti applicano leggi e regolamenti alla lettera e procedono, come è giusto, anche con atti forzosi al recupero di quanto dovuto, si ha l'impressione infatti non mettano in atto la medesima solerzia nell'accertare ed onorare i diritti dei cittadini, anche quando questi derivino da dati evidenti e facilmente verificabili.
Nel sistema fiscale italiano esiste infatti il cosiddetto "ravvedimento operoso", strumento mediante il quale un contribuente che si accorga di aver fatto un errore in buona fede nel versare i tributi dovuti può adempiere anche in seguito pagando quote relativamente basse di interessi e sanzioni. Il concetto però non vale nel senso opposto e le Amministrazioni non solo non sono tenute a valutare l'eventuale tributo pagato in eccesso, ma anche qualora se ne avvedessero non hanno obbligo di rimborso se non dietro richiesta del contribuente (sempre che si sia accorto di aver versato di più del dovuto).
Altro esempio che si può addurre è la recente introduzione dello strumento del redditometro mediante il quale l'amministrazione fiscale, grazie ad un enorme impiego di risorse informatiche, censisce tutti gli acquisti che ogni cittadino compie ed in base a calcoli predefiniti accerta un presunto reddito corrispondente. La prova contraria spetta, non ci sarebbe neanche bisogno di specificarlo, al contribuente che altrimenti deve pagare quanto richiesto.
Fino a quando lo Stato riterrà i suoi Cittadini (che in massima parte, vale la pena ricordarlo, sono brave persone rispettose della legge) come dei nemici da combattere o, nel migliore dei casi, delle pecore da tosare non potrà certo pretendere da questi ultimi un rispetto a senso unico.

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